Cass. civ. n. 26236/2021
Dal momento in cui il produttore di una cosa in sé pericolosa, la consegni ad altra persona che la utilizzi autonomamente in un'attività da cui derivi un danno a terzi, il consegnatario assume un distinto potere di disposizione e si trasferiscono a suo carico i doveri di custodia, di sorveglianza e di prudenza; pertanto, la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2050 c.c. non grava più sul produttore, di cui è cessata ogni attività, ma sul consegnatario, al quale, in caso di sinistro, spetta l'onere di dimostrare che l'evento dannoso si è verificato per caso fortuito ovvero per un vizio intrinseco della cosa, addebitabile unicamente al costruttore (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità del venditore del gas utilizzato dall'acquirente per il collaudo di una caldaia, realizzata in esecuzione di un appalto affidatogli da un terzo, la quale era esplosa provocando la morte del committente). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/01/2018).
(Cassazione civile, Sez. VI-3, ordinanza n. 26236 del 28 settembre 2021)
Cass. civ. n. 1399/2021
In tema di infortuni e sicurezza sul lavoro, opera una nozione di datore di lavoro in senso prevenzionale che, per espressa previsione normativa, comprende non solo il datore di lavoro formale ma anche il titolare dei poteri di decisione e di spesa in materia di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antiinfortunistici; in tale nozione va, pertanto, inclusa la figura dell'amministratore unico di società che, in quanto titolare di una specifica posizione di garanzia, è responsabile ex artt. 2087 e 2050 c.c. nonché in relazione al regresso esperibile dall'INAIL ai sensi degli artt. 10 ed 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 09/12/2013).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, ordinanza n. 1399 del 22 gennaio 2021)
Cass. civ. n. 8449/2019
In materia di responsabilità per esercizio di attività pericolose, considerato che tutte le attività umane contengono in sé un grado più o meno elevato di pericolosità per coloro che le esercitano, occorre sempre distinguere tra pericolosità della condotta e pericolosità dell'attività in quanto tale: la prima riguarda un'attività normalmente innocua, che assume i caratteri della pericolosità a causa della condotta imprudente o negligente dell'operatore, ed è elemento costitutivo della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c.; la seconda concerne un'attività che, invece, è potenzialmente dannosa di per sé per l'alta percentuale di danni che può provocare in ragione della sua natura o della tipologia dei mezzi adoperati e rappresenta una componente della responsabilità disciplinata dall'art. 2050 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva desunto la pericolosità dell'attività di calata passiva lungo una parete rocciosa dal fatto che la stessa fosse stata svolta da adolescenti principianti, per la cui partecipazione si era resa necessaria una preparazione di quarantacinque minuti sulle tecniche di discesa ed utilizzo della corda, della cintura di sicurezza e dell'intera imbragatura). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRENTO, 16/02/2016).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8449 del 27 marzo 2019)
Cass. civ. n. 1573/2019
In tema di bonifica spontanea di sito inquinato, il proprietario ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute, a condizione che sia stata rispettata la procedura amministrativa prevista dalla legge ed indipendentemente dalla identificazione del responsabile dell'inquinamento da parte della competente autorità amministrativa, atteso che, una volta instaurata la causa, tale accertamento ricade nel giudizio di fatto del giudice. Non trova, peraltro, applicazione la regola della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 c.c., poiché trattasi di obbligazione "ex lege" di contenuto indennitario, e non risarcitorio derivante dal fatto obbiettivo dell'inquinamento. (In applicazione del principio di cui innanzi, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, escludendo l'applicabilità dell'art. 2055 c.c., aveva determinato l'apporto causale della società convenuta per l'inquinamento del terreno nella misura dei due terzi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 07/09/2016).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1573 del 22 gennaio 2019)
Cass. civ. n. 1567/2019
In tema di patologie conseguenti ad infezioni contratte a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, incorre in responsabilità contrattuale, imputabile anche alla struttura sanitaria, il medico che, in mancanza di una situazione di reale emergenza e senza informare adeguatamente il paziente del rischio obiettivo che tale pratica terapeutica presentava, abbia eseguito una trasfusione di sangue a causa della quale il paziente abbia contratto un'infezione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione ad una trasfusione eseguita nel 1990, cui era conseguito il contagio di un neonato con il virus dell'epatite C, aveva desunto la prova che i genitori, se informati, avrebbero negato il consenso alla terapia dall'assenza di prova della necessità della trasfusione). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO PALERMO, 21/10/2013).
(Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 1567 del 22 gennaio 2019)
Cass. civ. n. 19180/2018
La nozione di attività pericolosa, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2050 c.c., non deve essere limitata alle attività tipiche, già qualificate come tali da una norma di legge, ma deve essere estesa a tutte quelle attività che, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati, comportino una rilevante possibilità del verificarsi di un danno, dovendosi, di conseguenza accertare in concreto il requisito della pericolosità con valutazione svolta caso per caso, tenendo presente che anche un'attività per natura non pericolosa può diventarlo in ragione delle modalità con cui viene esercitata o dei mezzi impiegati per espletarla. L'indagine fattuale deve essere svolta seguendo il criterio della prognosi postuma, in base alle circostanze esistenti al momento dell'esercizio dell'attività.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19180 del 19 luglio 2018)
Cass. civ. n. 16638/2017
La particolare responsabilità prevista dall'art. 2050 c.c. incombe esclusivamente su chi esercita l'attività pericolosa e non anche su colui che tale attività ha affidato ad altri in base ad un rapporto che non determina un vincolo di subordinazione fra committente ed esecutore.
(Cassazione civile, Sez. VI-3, ordinanza n. 16638 del 5 luglio 2017)
Cass. civ. n. 16637/2017
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, lesercente risponde dei danni derivanti dal suo svolgimento, a nulla valendo che il danneggiato sia un terzo piuttosto che un proprio incaricato e che i mezzi o le opere fonte di danno siano di proprietà di terzi; per vincere la presunzione di colpa, posta a suo carico dallart. 2050 c.c., non rileva, altresì, la semplice prova dellimprevedibilità del danno, dovendosi, invece, dimostrare che esso non si sarebbe potuto evitare mediante ladozione delle misure di prevenzione che le leggi dellarte o la comune diligenza imponevano.
(Cassazione civile, Sez. VI-3, ordinanza n. 16637 del 5 luglio 2017)
Cass. civ. n. 10513/2017
La responsabilità di cui allart. 2043 c.c. e quella ex art. 2050 c.c. presuppongono un unico fatto costitutivo, la causazione del danno, ed un elemento reciprocamente specializzante, dato dal criterio dimputazione alternativo che, in un caso, è la colpa, e, nellaltro, lo svolgimento di unattività pericolosa, sicché pronunciare in ordine allapplicabilità della prima norma implica escludere quella della seconda per il medesimo fatto, stante l'unicità dell'oggetto del processo ed il nesso di reciproca esclusione tra le due fattispecie legali, e come luna domanda può essere modificata con lintroduzione dellaltra in corso di causa, nel rispetto delle previsioni dettate per il giudizio ordinario dallart. 183 c.p.c., così anche il giudicato formatosi sulla responsabilità per uno dei due titoli esclude la riproponibilità dellazione per far valere laltro.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10513 del 28 aprile 2017)
Cass. civ. n. 15113/2016
La responsabilità dell'esercente un'attività pericolosa presuppone che si accerti un nesso di causalità tra l'attività svolta e il danno patito dal terzo, a tal fine dovendo ricorrere la duplice condizione che l'attività costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le sue conseguenze normali ed ordinarie, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento, e ciò anche quando esso sia attribuibile ad un terzo o allo stesso danneggiato. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto concausa di un incendio, dolosamente appiccato da terzi, la mera presenza nell'immobile incendiato di acetilene, utilizzato per la deverdizzazione delle arance, senza considerare, invece, che il fatto del terzo presentava i caratteri della imprevedibilità, della inevitabilità e della eccezionalità, idonei ad escludere altri fattori causali).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15113 del 22 luglio 2016)
Cass. civ. n. 18317/2015
Il caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. può rinvenirsi anche nella condotta del terzo, o dello stesso danneggiato, quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza impugnata, che aveva ritenuto la condotta di un minore, infortunatosi cadendo dal tetto di un edificio in costruzione all'interno di un cantiere abbandonato in cui si era introdotto per gioco, fattore causale dell'accaduto soltanto concorrente con il comportamento dei preposti alla vigilanza del cantiere).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18317 del 18 settembre 2015)
Cass. civ. n. 22344/2014
In tema di responsabilità da illecito omissivo del gestore di impianto sciistico, l'omittente risponde del danno derivato a terzi non solo quando debba attivarsi per impedire l'evento in base ad una norma specifica o ad un rapporto contrattuale, ma anche quando, secondo le circostanze del caso concreto, insorgano a suo carico, per i principi di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost., doveri e regole di azione la cui inosservanza integra un'omissione imputabile. Ne consegue che il medesimo non é tenuto, di norma, a vigilare sulla condotta dei singoli utenti, attesa la natura intrinsecamente pericolosa dell'attività sportiva esercitata sulle piste da sci, le dimensioni solitamente ragguardevoli di queste ultime, nonché la normale imprevedibilità, anche per la contestuale incidenza di "fattori" naturali non governabili dal gestore, delle condotte degli utenti, salvo che alleghi e provi l'intervenuta segnalazione dell'anomalo comportamento dello sciatore, ovvero la diretta percezione di tale comportamento da parte degli addetti all'impianto (che avrebbero dovuto allertare un accorto titolare della struttura), la cui mancata considerazione costituisce omissione inescusabile.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 22344 del 22 ottobre 2014)
Cass. civ. n. 21426/2014
L'attività di polizia, svolta per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, sebbene non sia, per sua natura, attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 cod. civ., configurandosi quale compito indefettibile imposto allo Stato in difesa di beni e interessi della collettività, può, in concreto, ricondursi alla fattispecie prevista da detta norma "per la natura dei mezzi adoperati", quali armi o altri mezzi di coazione di pari pericolosità, sempreché - sulla base di un giudizio di merito, non implicante alcun sindacato sulle scelte discrezionali della P.A. - emerga un uso imperito o imprudente degli stessi, ovvero il loro carattere di anormalità od eccedenza e, dunque, di sproporzionalità evidente rispetto alla situazione contingente, sì da rendere inoperativa la scriminante di cui all'art. 53 cod. pen.
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In tema di attività di polizia, svolta per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, spetta al soggetto danneggiato, che invochi la responsabilità della P.A. per l'intrinseca pericolosità dei mezzi effettivamente adoperati, fornire la prova delle concrete ed oggettive condizioni atte a connotare il fatto come illecito, in quanto antigiuridico, mentre incombe all'amministrazione la prova di aver adottato, in ogni caso, tutte le misure idonee a prevenire il danno.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 21426 del 10 ottobre 2014)
Cass. civ. n. 19872/2014
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall'art. 2050 cod. civ., presuppone la sussistenza del nesso eziologico tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, la cui prova è a carico del danneggiato, sicché va esclusa ove sia ignota o incerta la causa dell'evento dannoso. (Nella specie, la corte territoriale aveva escluso la riconducibilità dell'inquinamento del fondo ad una attività industriale poiché lo sversamento delle acque reflue di lavorazione era solo eventuale).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19872 del 22 settembre 2014)
Cass. civ. n. 25058/2013
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 2050 cod. civ., relativo alle responsabilità per l'esercizio di attività pericolose e, quindi, ai fini della sussistenza della presunzione di colpa, posta dall'art. 2050 cod. civ. e della conseguente inversione dell'onere della prova, occorre che il danno sia cagionato dall'esercizio di un'attività che sia pericolosa in sè, ossia per la sua intrinseca natura, o per la natura dei mezzi adoperati, dovendosi ritenere che tali condizioni ricorrano nell'esercizio dell'attività venatoria, la quale importa l'uso di armi da fuoco, ossia di mezzi destinati naturalmente all'offesa e, come tali, pericolosi per l'incolumità pubblica. La presunzione di colpa opera anche se all'attività pericolosa partecipi chi patisce danno dall'esercizio dell'attività, salva la graduazione dell'efficienza causale delle azioni rispettivamente compiute dai vari partecipi.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 25058 del 7 novembre 2013)
Cass. civ. n. 24549/2013
Con riguardo all'esercizio di attività pericolosa, anche nell'ipotesi in cui l'esercente non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, in tal modo realizzando una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta, che abbia i requisiti del caso fortuito e sia idonea secondo l'apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione a causare da sola l'evento, recide il nesso eziologico tra quest'ultimo e l'attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto di un terzo o del danneggiato stesso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito aveva respinto la domanda risarcitoria avanzata da parte attrice in relazione al danno consistito nella perdita della mano sinistra, amputatagli per effetto dello scoppio di un petardo rimasto inesploso, domanda proposta nei confronti dei titolari di una società che aveva allestito in un campo sportivo uno spettacolo di fuochi pirotecnici, contravvenendo a conclusione dello stesso a un preciso obbligo di bonificare il terreno, rilevando che l'attore, anziché avvertire la pubblica autorità del rinvenimento del materiale pirico inesploso, lo aveva portato in quantità nella sua abitazione, prendendo successivamente a maneggiarlo per giocare "all'artificiere").
(Cassazione civile, Sez. VI-3, sentenza n. 24549 del 30 ottobre 2013)
Cass. civ. n. 12900/2012
La qualifica di un'attività come "pericolosa", ai sensi dell'art. 2050 c.c., dipende unicamente dal contenuto intrinseco di essa, a nulla rilevando né che alcuna norma di legge la qualifichi come pericolosa, né che sia svolta senza fine di lucro o per fini filantropici. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva qualificato come "pericolosa" l'attività svolta da una scuola di alpinismo senza fini di lucro, e, conseguentemente, condannato ex art. 2050 c.c. la scuola al risarcimento del danno, patito da un allievo caduto durante un'arrampicata).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12900 del 24 luglio 2012)
Cass. civ. n. 3424/2012
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall'art. 2050 c.c., presuppone la sussistenza del nesso eziologico tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, con onere della prova incombente al danneggiato; pertanto, qualora un evento dannoso sia imputabile astrattamente a più soggetti e, essendo certo che il responsabile del sinistro sia uno solo, non si riesca ad individuare, in concreto, che abbia posto in essere il comportamento produttivo di danno, non trova applicazione la norma dell'art. 2055 c.c., la quale presuppone che il fatto lesivo sia imputabile a più persone. (Fattispecie in tema di incendio a causa di spettacolo pirotecnico).
(Cassazione civile, Sez. VI, sentenza n. 3424 del 5 marzo 2012)
Cass. civ. n. 28299/2011
Ai fini della responsabilità per l'esercizio di attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno ed estraneo, costituito dalla condotta del danneggiato, a recidere il nesso eziologico tra l'evento e l'attività pericolosa, deve essere adeguato alla natura e alla pericolosità della cosa, sicché, quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo é suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere, pertanto, la responsabilità dell'esercente l'attività. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dall'attrice in relazione al danno subito per la caduta in una voragine aperta nel manto viario in un cantiere stradale, risultando che detta parte si era consapevolmente introdotta nel cantiere, delimitato da una recinzione e segnalato come pericoloso da cartelli che avvertivano della presenza di scavi aperti, così interrompendo il nesso di causalità).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 28299 del 22 dicembre 2011)
Cass. civ. n. 15733/2011
In materia di responsabilità extracontrattuale, in ordine alla presunzione di responsabilità per chi esercita attività pericolose, il fatto del terzo o dello stesso danneggiato può avere effetto liberatorio solo quando abbia reso, per la sua sufficienza, giuridicamente irrilevante il fatto di chi esercita detta attività, ma non quando abbia semplicemente concorso nella produzione del danno per essersi inserito in una situazione già di per sè pericolosa, senza la quale l'evento non si sarebbe verificato, a causa dell'inidoneità delle misure preventive adottate. (Nella specie, la S.C. ha giudicato non adeguatamente motivata la sentenza di merito che, in relazione ad un caso di morte per folgorazione da scarica elettrica di un lavoratore intento a riparare un impianto elettrico, aveva ritenuto "straordinario, anomalo ed imprevedibile" il comportamento del deceduto).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15733 del 18 luglio 2011)
Cass. civ. n. 10300/2007
Costituiscono attività pericolose ai sensi dell'art. 2050 c.c. non solo le attività che tali sono qualificate dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche le diverse attività che comportino la rilevante probabilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per le caratteristiche dei mezzi usati, non solo nel caso di danno che sia conseguenza di un'azione, ma anche nell'ipotesi di danno derivato da omissione di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in relazione alla natura dell'attività esercitata alla stregua delle norme di comune diligenza e prudenza. Ne consegue che l'attività edilizia, massimamente quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non essere considerata attività pericolosa ai fini indicati da detta norma (fattispecie relativa agli scavi su un tratto di costa effettuati dall'amministrazione pubblica per la realizzazione di un nuovo porto).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10300 del 7 maggio 2007)
Cass. civ. n. 5254/2006
Sia con riguardo all'esercizio di attività pericolosa, sia in tema di danno cagionato da cose in custodia, è indispensabile, per l'affermazione di responsabilità, rispettivamente, dell'esercente l'attività pericolosa e del custode, che si accerti un nesso di causalità tra l'attività o la cosa e il danno patito dal terzo: a tal fine, deve ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento. Pertanto, anche nell'ipotesi in cui l'esercente dell'attività pericolosa non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, realizzando quindi una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito cioè la eccezionalità e l'oggettiva imprevedibilità e sia idonea, da sola, a causare l'evento, recide il nesso eziologico tra quest'ultimo e l'attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto del danneggiato stesso o di un terzo.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5254 del 10 marzo 2006)
Cass. civ. n. 20359/2005
Ai fini del riconoscimento della sussistenza della responsabilità da atto illecito ricollegabile all'esercizio di attività pericolosa e del conseguente danno è necessaria l'esistenza del nesso di causalità tra l'attività pericolosa stessa e l'evento di danno, riconducibili all'esercente; tale nesso deve consistere in una relazione diretta tra danno e rischio specifico dell'attività pericolosa o dei mezzi adoperati, giacché, diversamente, il danno cagionato può essere riconosciuto solo in base al criterio generale dell'art. 2043 c.c., se ne ricorrono i presupposti di applicazione. (Nella specie, la S.C., rigettando il relativo motivo e confermando sul punto la sentenza impugnata del giudice di merito, ha rilevato la congruità e la logicità dell'accertamento compiuto da quest'ultimo, in base al quale era stata rigettata la domanda di risarcimento di un soggetto relativa alle conseguenze di una caduta su uno Spazio ghiacciato, siccome l'evento non era collegabile alla titolarità dell'esercizio di attività alberghiera con annesso spiazzo per la sosta di veicoli e, sotto il profilo del nesso eziologico, se ne era ravvisata l'insussistenza perché l'evento medesimo era dipeso dalla scelta dello stesso soggetto di avventurarsi su un tracciato ghiacciato, agevolmente individuabile con l'uso dell'ordinaria attenzione e prudenza).
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L'art. 2050 c.c., partendo dal presupposto logico che tutte le attività umane contengono in sé un grado più o meno elevato di pericolosità per coloro che le esercitano, prende in considerazione solo quelle di per sé potenzialmente dannose per l'alta percentuale di danni che possono provocare, in ragione della natura o per la natura dei mezzi adoperati, assoggettandole al giudizio di responsabilità indicato dalla norma stessa. Nell'ambito di applicabilità di quest'ultima si possono inquadrare anche gli eventi collegati ad un comportamento omissivo, a condizione che si tratti di omissione qualificata, come accade quando il soggetto non adotti misure preventive rispetto al verificarsi dei danni alle quali sia tenuto per legge o per contratto.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20359 del 21 ottobre 2005)
Cass. civ. n. 20357/2005
In materia di responsabilità per esercizio di attività pericolose, considerato che tutte le attività umane contengono in sé un grado più o meno elevato di pericolosità per coloro che le esercitano, occorre sempre distinguere tra pericolosità della condotta e pericolosità dell'attività in quanto tale: la prima riguarda un'attività normalmente innocua, che assume i caratteri della pericolosità a causa della condotta imprudente o negligente dell'operatore, ed è elemento costitutivo della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c.; la seconda concerne un'attività che, invece, è potenzialmente dannosa di per sé per l'alta percentuale di danni che può provocare in ragione della sua natura o della tipologia dei mezzi adoperati e rappresenta una componente della responsabilità disciplinata dall'art. 2050 c.c. La distinzione tra pericolosità della condotta e pericolosità dell'attività comporta un accertamento di fatto, perché, nel primo caso, si tratta di verificare il grado di diligenza o di perizia dell'operatore e, nel secondo caso, la natura dell'attività o il grado di efficienza dei mezzi utilizzati. La valutazione relativa a tale accertamento è rimessa al giudice del merito che, pertanto, risulta insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente e logicamente motivata. (Nella fattispecie, la S.C. ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza di merito impugnata che, in relazione ad un incendio propagatosi in un immobile condotto in locazione, aveva ritenuto, con motivazione congrua, che la saldatrice elettrica, utilizzata per lavori di carpenteria all'interno dei locali del predetto immobile, non era idonea a sviluppare l'incendio dedotto in giudizio).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20357 del 21 ottobre 2005)
Cass. civ. n. 20334/2004
Le attività pericolose, che per loro stessa natura od anche per i mezzi impiegati, rendono probabile e non semplicemente possibile il verificarsi di un evento dannoso e importano responsabilità ex art. 2050 c.c., devono essere tenute distinte da quelle normalmente innocue che possono diventare pericolose per la condotta di chi le esercita e che comportano responsabilità secondo la regola generale ex art. 2043 c.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva escluso che l'uso di una piscina di per sé costituisse attività pericolosa, e nel contesto, in cui la piscina costituiva il semplice elemento coreografico di una festa, aveva attribuito la responsabilità per i danni alla persona subiti da uno degli ospiti, che al buio decideva di tuffarsi nella medesima, esclusivamente alla sua improvvisa e sconsiderata decisione, di cui neppure l'eventuale presenza di un bagnino avrebbe potuto evitare le conseguenze negative).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20334 del 15 ottobre 2004)
Cass. civ. n. 17369/2004
La responsabilità per esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 c.c. ben può prescindere dall'attività in sé e per sé considerata, il che si verifica quando il pericolo si sia materializzato e trasfuso negli oggetti dell'attività medesima (ad es., materie infiammabili, proiettili di arma da fuoco, gas in bombole, ecc.), i quali, anche per un'imperfetta costruzione, a livello progettuale o di confezione, conservino un'intrinseca potenzialità lesiva collegata allo svolgimento dell'attività di cui costituiscono il risultato, anche quando il danno si produca in una fase successiva, purché ne dipenda in modo sufficientemente mediato.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 17369 del 30 agosto 2004)
Cass. civ. n. 8457/2004
In tema di illecito aquiliano, perché rilevi il nesso di causalità tra un antecedente e l'evento lesivo deve ricorrere la duplice condizione che si tratti di un antecedente necessario dell'evento, (nel senso che questo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto), e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento. Ne consegue che, anche nell'ipotesi in cui l'esercente dell'attività pericolosa non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, realizzando quindi una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità ex art. 2050 c.c., la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito (eccezionalità ed oggettiva imprevedibilità) e sia idonea, da sola, a causare l'evento, recide il nesso eziologico tra quest'ultimo e l'attività pericolosa, producendo effetti liberatori anche quando sia attribuibile al fatto del danneggiato stesso o di un terzo. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero fatto corretta applicazione di tale principio, escludendo la sussistenza di alcun nesso di causalità immediata e diretta tra la circostanza che un palo di alta tensione fosse stato posto in opera dall'Enel senza la piena osservanza delle norme di sicurezza e il danno subito da un uomo arrampicatosi sul palo stesso e raggiunto da una scarica elettrica, atteso che il comportamento sconsiderato e acrobatico del danneggiato dimostrava che questi, avendo il deliberato proposito di scalare detto palo mentre era intento con alcuni amici a giocare a nascondersi, avrebbe superato anche eventuali altre cautele predisposte dall'ente).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8457 del 4 maggio 2004)
Cass. civ. n. 7916/2004
La pericolosità di un'attività va apprezzata, per gli effetti di cui all'art. 2050 c.c., esclusivamente in relazione alla probabilità delle conseguenze dannose che possano derivarne e non anche in riferimento alla diffusione delle modalità con le quali viene comunemente esercitata, che ben potrebbero essere tutte e sempre inadeguate, senza per questo elidere i presupposti per l'applicazione della norma citata. In particolare, con riferimento alla gestione di un impianto sciistico, non è possibile escludere la pericolosità della suddetta attività perché coloro che praticano lo sci non adottano normalmente le cautele che sarebbero opportune, giacché cosa opinando si assumerebbe a parametro valutativo non già l'attitudine dell'attività a recare danno, bensì il grado di diligenza comunemente riscontrabile, laddove la questione da porsi è se, in relazione alle caratteristiche della pratica sportiva in esame, sia qualificabile come pericolosa l'attività di gestione dell'impianto con riferimento alla necessità di delimitazione della via di imbocco alla sciovia mediante materiali rigidi infissi nella neve su area sciabile e frequentata da sciatori inesperti.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 7916 del 26 aprile 2004)
Cass. civ. n. 6988/2003
In materia di responsabilità civile, il limite della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose ex art. 2050 c.c. risiede nell'intervento di un fattore esterno, il caso fortuito, il quale attiene non già ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, che può consistere anche nel fatto dello stesso danneggiato recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità. Peraltro, quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell'art. 1227, primo comma, c.c. espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso con conseguente diminuzione del risarcimento dovuto dal danneggiante in relazione all'incidenza della colpa del danneggiato.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6988 del 8 maggio 2003)
Cass. civ. n. 15288/2002
In materia di responsabilità extracontrattuale, ai fini dell'applicazione dell'art. 2050 c.c. il giudizio di pericolosità eventuale dell'attività dev'essere dato secondo una prognosi postuma sulla base dell'esame delle circostanze di fatto che si presentavano al momento dell'esercizio dell'attività. (Nel caso, il giudice del merito ha ritenuto con motivazione ritenuta dalla S.C. immune da censure rilevabili in sede di legittimità costituire pericolosa ex art. 2050 c.c. l'attività di falciatura dell'erba esercitata con mototrancia agganciata e trainata da trattore e dotata di mezzi meccanici taglienti).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15288 del 30 ottobre 2002)
Cass. civ. n. 10382/2002
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa (nella specie, produzione e distribuzione di gas in bombole), la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dell'art. 2050 c.c., presuppone il previo accertamento dell'esistenza del nesso eziologico la prova del quale incombe al danneggiato tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non potendo il soggetto agente essere investito da una presunzione di responsabilità rispetto ad un evento che non è ad esso riconducibile in alcun modo. In particolare, nella ipotesi in cui sia ignota la causa dell'evento dannoso, la responsabilità ex art. 2050 c.c. va affermata ove risulti non interrotto il nesso di causalità con l'esercizio dell'attività pericolosa, mentre va esclusa ove sussista incertezza sul fattore causale e sulla riconducibilità del fatto all'esercente. Il relativo accertamento rientra tra i poteri del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione ove sufficientemente e logicamente motivato.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10382 del 17 luglio 2002)
Cass. civ. n. 4792/2001
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa (nella specie: di produzione e distribuzione di gas in bombole), la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall'art. 2050 c.c., presuppone il previo accertamento dell'esistenza del nesso eziologico la prova del quale incombe al danneggiato tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non potendo il soggetto agente essere investito da una presunzione di responsabilità rispetto ad un evento che non è ad esso riconducibile in alcun modo.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4792 del 2 aprile 2001)
Cass. civ. n. 3022/2001
L'attività di esecuzione di lavori sulla pubblica strada è da considerare pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., costituendo i lavori stessi fonte di pericolo per gli utenti. Ne consegue che l'esercente l'attività di cui si tratta è assoggettato alla presunzione di responsabilità di cui alla predetta norma codicistica in relazione ai danni subiti dagli utenti della strada a causa e nello svolgimento dell'attività, presunzione che lo stesso può vincere fornendo la dimostrazione di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Nella scelta di tali misure, egli dispone di un certo margine di discrezionalità, da esercitare facendo uso della normale prudenza e tenendo conto dello sviluppo della tecnica e delle condizioni pratiche in cui si svolge l'attività. Siffatta discrezionalità, peraltro, viene meno quando è la legge ad imporre l'obbligo di adottare talune misure. Pertanto, la presunzione di responsabilità opera nei confronti dell'esercente l'attività pericolosa che abbia adottato misure diverse da quelle prescritte da norme legislative (o regolamentari), senza che vi sia alcuna possibilità, in tal caso, di valutarne l'idoneità. (Nella specie, la Suprema Corte, ha cassato la sentenza della Corte territoriale che, in conformità a quanto deciso dal primo giudice, aveva escluso la responsabilità dell'impresa esecutrice di lavori sulla strada per conto del comune in relazione ai danni cagionati ad un'autovettura finita in una buca scavata dai dipendenti dell'impresa stessa, considerando rilevante la prova che sul luogo dell'incidente fossero stati apposti cartelli che segnalavano i lavori in corso e ponevano limiti di velocità, senza considerare che, alla stregua dell'art. 8 del vecchio codice della strada, vigente all'epoca dell'incidente, chi effettuasse lavori sulla pubblica strada era tenuto a delimitare con opportuni ripari ben visibili i lavori ed a mantenere costantemente efficienti durante la notte fanali a luce rossa e dispositivi a luce riflessa rossa in modo che i lavori, i cavalletti e gli steccati fossero visibili a sufficiente distanza).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 3022 del 2 marzo 2001)
Cass. civ. n. 2216/2001
Il contratto tra uno sciatore e il gestore di un impianto di risalita è di trasporto atipico essendo questo non fine a se stesso, ma funzionalizzato all'attività sciistica su piste sicure, che però il gestore non ha l'obbligo di mantenere in buono stato. Pertanto, se a causa di difettosa manutenzione delle stesse uno sciatore si infortuna, non può agire nei confronti del gestore per responsabilità contrattuale. Non può inoltre neppure agire nei confronti del medesimo a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi degli artt. 2050 e 2051 c.c., dovendosi escludere sia la natura intrinsecamente pericolosa dell'attività di esercizio di impianto di risalita non qualificata tale da norme destinate a prevenire sinistri e a tutelare l'incolumità pubblica, né tale risultando per la natura delle cose o dei mezzi adoperati sia la qualità di custode delle piste da parte del gestore dell'impianto.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2216 del 15 febbraio 2001)
Cass. civ. n. 6866/2000
Deve escludersi la responsabilità contrattuale di una scuola di sci per le lesioni che un allievo subisca nel corso di una lezione ad opera di terzi che lo investa su una pista aperta a tutti ove il maestro del quale la scuola di avvale, si trovi nella materiale impossibilità di evitare l'evento dannoso e nel suo comportamento esulino profili di colpa.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6866 del 25 maggio 2000)
Cass. civ. n. 2220/2000
Ai fini dell'accertamento della sussistenza della responsabilità ex art. 2050 c.c., il giudizio sulla pericolosità dell'attività svolta ossia l'apprezzamento della stessa come attività che, per sua natura, o per i mezzi impiegati, rende probabile, e non semplicemente possibile, il verificarsi dell'evento dannoso da essa causato, distinguendosi, così, dall'attività normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta di chi la eserciti od organizzi, comportando la responsabilità secondo la regola generale di cui all'art. 2043 c.c. quando non è espresso dal legislatore, è rimesso alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente e logicamente motivata. Rispetto a tale accertamento di fatto, l'onere di provare la sussistenza di un'attività pericolosa incombe su chi invoca l'applicazione dell'art. 2050 c.c. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha confermato, in parte qua, la decisione della corte di merito, che, in riforma di quella del giudice di primo grado, aveva rigettato la richiesta ex art. 2050 c.c. di risarcimento dei danni subiti dall'attore appellato durante una gara sciistica, della cui organizzazione non era stata invocata la qualificazione come attività pericolosa ex lege, escludendo l'applicabilità di detta nonna per non essere stata fornita dallo stesso attore la prova della pericolosità della predetta attività di organizzazione).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2220 del 28 febbraio 2000)
Cass. civ. n. 5744/1999
Allorquando l'attività pericolosa venga esercitata da un ente collettivo, con la responsabilità di quest'ultimo, ex art. 2050 c.c., può concorrere quella della persona fisica che svolga detta attività, insorgendo in tal caso una responsabilità solidale ex art. 2055 primo comma c.c. in ordine al rapporto esterno tra danneggiante e danneggiato, mentre i rapporti interni fra questi ultimi sono disciplinati dalle diverse norme sulla responsabilità contrattuale e/o aquiliana ex art. 2043 c.c. Ne consegue che una volta formatosi il giudicato sul rapporto esterno fra il danneggiato e l'esercente dell'attività pericolosa, non può quest'ultimo invocare l'art. 2050 c.c. nei confronti di altro soggetto ritenuto corresponsabile del danno stesso, dal momento che tale norma non disciplina il rapporto interno fra corresponsabili del danno e che la stessa parte non può al contempo essere soggetto attivo e passivo della medesima norma, ancorché nei confronti di parti diverse.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5744 del 11 giugno 1999)
Cass. civ. n. 12193/1997
Dalle attività pericolose che per loro stessa natura od anche per i mezzi impiegati rendono probabile e non semplicemente possibile il verificarsi di un evento dannoso e che importano responsabilità ex art. 2050 c.c., devono essere tenute distinte quelle normalmente innocue che possono diventare pericolose per la condotta di chi le esercita e che comportano responsabilità secondo la regola generale ex art. 2043 c.c.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12193 del 2 dicembre 1997)
Cass. civ. n. 11234/1997
Pur dovendo la natura pericolosa di un'attività derivare da una specifica previsione legislativa, e pur non potendosi considerare pericolosa ex se l'attività di navigazione aerea, la applicazione della norma di cui all'art. 2050 c.c. è legittimamente esclusa, al riguardo, solo quando tale attività rientri nella normalità delle condizioni previste, in osservanza di piani di volo, di condizioni di sicurezza, di ordinarie condizioni atmosferiche, tornando detta norma, per contro, a spiegare efficacia tutte le volte in cui la navigazione aerea risulti esercitata in condizioni di anormalità o di pericolo.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11234 del 13 novembre 1997)
Cass. civ. n. 10951/1996
Per «attività pericolose», agli effetti di cui all'art. 2050 c.c., devono intendersi quelle cosa qualificate da specifiche norme destinate a prevenire sinistri e a tutelare la incolumità pubblica, ovvero quelle per le quali la pericolosità trova riscontro nella natura delle cose e dei mezzi adoperati; mentre non possono considerarsi tali quelle nelle quali la pericolosità insorga per fatti estranei. (Riaffermando tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito nel punto in cui questa in relazione ai danni riportati da una petroliera in occasione dell'esplosione avvenuta a bordo dopo essere stata colpita da un fulmine mentre era ormeggiata al molo petroli del porto di Genova, per operazioni di zavorramento ha escluso la responsabilità del Consorzio del Porto, quale asserito soggetto coordinatore della predetta attività, in quanto detto ente non era stato partecipe della materiale attività pericolosa, né era tenuto a prestare assistenza alla nave nella specifica operazione).
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10951 del 9 dicembre 1996)
Cass. civ. n. 567/1995
Con riguardo al danno provocato dallo scoppio di una bombola di gas, nell'ipotesi in cui non si fornisca la prova della causa dello scoppio, possono operare cumulativamente la presunzione di responsabilità a carico del produttore-distributore, quale esercente attività pericolosa, e quella a carico dell'utente, quale custode, riferendosi a due comportamenti od omissioni differenti ed essendo la prima prospettabile anche quando la bombola sia passata, a seguito della consegna, nella disponibilità dell'utente.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 567 del 19 gennaio 1995)
Cass. civ. n. 4710/1991
La presunzione di responsabilità contemplata dalla norma dell'art. 2050 c.c. per le attività pericolose può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell'esercente l'attività pericolosa l'onere di dimostrare l'adozione di «tutte le misure idonee ad evitare il danno»: pertanto non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l'evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l'insorgenza a causa dell'inidoneità delle misure preventive adottate. L'accertamento relativo all'idoneità delle cautele prescritte dalla norma (al pari di quello concernente il rapporto eziologico e la natura dell'attività) integra un'indagine di fatto riservata al giudice del merito il cui apprezzamento si sottrae al sindacato di questa corte solo se fondato su argomentazioni immuni da vizi logici ed errori di diritto.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4710 del 29 aprile 1991)
FAQs
Cosa si intende per attività pericolosa? ›
La definizione di attività pericolosa è molto ampia e comprende non soltanto le attività che le singole leggi di pubblica sicurezza definiscono come pericolose, ma anche le attività che risultano tali intrinsecamente e per i mezzi adoperati nella loro esecuzione.
In quale caso la responsabilità civile e presunta? ›2051 c.c. esige due presupposti per l'applicabilità della presunzione ivi prevista: a) che il danno sia stato causato dalla cosa; b) che la cosa fosse legata al responsabile da un rapporto definibile come «custodia».
Cosa dice l'articolo 2051 del codice civile? ›2051. (Danno cagionato da cosa in custodia). Ciascuno e' responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Cosa si intende per responsabilità indiretta? ›Viene definita responsabilità indiretta, la responsabilità civile che dipende dal fatto altrui oltre che dal fatto proprio. Nell'ipotesi di responsabilità indiretta, non risponde del danno esclusivamente chi ha commesso il fatto dannoso, ma anche un'altra persona, tenuta al risarcimento nei confronti del danneggiato.
Cosa si intende per responsabilità per l'esercizio di attività pericolose? ›1 Art. 2050, c.c.: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
Cosa succede se si dimostra che colui che ha procurato il danno era incapace di intendere e di volere? ›In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza(1) dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto [2048](2).
Qual è la differenza tra colpa e responsabilità? ›La colpa viene definita nell'aula di un tribunale in presenza di giudici, testimoni e avvocati e prevede la pena o l'assoluzione. Nel momento in cui abbiamo la responsabilità invece, di un errore, ciò che ci si aspetta al massimo sono delle scuse ma di certo c'è la possibilità di rimediare senza finire in prigione!
Quanti tipi di responsabilità civile ci sono? ›La responsabilità civile si divide in contrattuale, extracontrattuale e responsabilità ex lege, più correttamente definita, secondo la tradizione gaiana, ex variis causarum figuris (ad esempio responsabilità da negotiorum gestio, artt. 2028 e ss. c.c.).
Quante tipologie di responsabilità civile esistono? ›Nel nostro ordinamento giuridico sono due le categorie principali di responsabilità soggette ad analisi dottrinali e giurisprudenziali: la responsabilità civile e la responsabilità penale.
Cosa prevede l'articolo 2043 del codice civile? ›Art. 2043. (Risarcimento per fatto illecito). Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Chi risponde dei danni derivanti da cause ignote? ›
Ciò significa che se il soggetto non riesce a provare qual è l'evento che ha provocato il danno, sarà comunque responsabile, anche se per avventura il danno è stato cagionato da un evento assolutamente imprevedibile ed eccezionale; insomma, è come dire che le cause ignote sono a carico del custode.
Chi risarcisce un danno ad un fabbricato? ›La legge prevede che il danno causato da una cosa venga risarcito dal custode della stessa salvo che questo provi la sussistenza di un caso fortuito. Per caso fortuito si intende un evento talmente eccezionale ed imprevedibile da interrompere il rapporto di causa-effetto tra la dinamicità della cosa e il danno.
Quali sono gli elementi che costituiscono la responsabilità? ›Elementi costitutivi
La responsabilità amministrativa è caratterizzata, oltre che dai rapporti di servizio, dai seguenti elementi: la condotta illecita, il dolo o la colpa (elementi psicologici), il danno e il nesso di casualità.
Cosa significa responsabilità civile? La responsabilità civile si verifica nel momento in cui vengono violate alcune norme del diritto privato, che ha l'obiettivo di regolare i rapporti tra i cittadini, se non si tratta di reati o illeciti amministrativi.
Cosa prevede la responsabilità civile? ›Che cos'è? La polizza Responsabilità Civile Generale tutela il tuo patrimonio dal rischio di dover pagare, a titolo di risarcimento, i danni procurati a terzi a causa di una condotta colpevole. La polizza può interessare chiunque sia esposto al rischio di causare danni a terzi.
Cosa vuol dire limitazione di responsabilità? ›Che cosa significa "Limitazioni della responsabilità"? È possibile sottrarre alcuni beni del patrimonio del debitore dall'azione esecutiva che il creditore eventualmente pone in essere, i quali non faranno perciò più parte della cosiddetta garanzia generica ex art. 2740.
Come si definisce la responsabilità? ›Situazione derivante da un determinato rapporto o da una determinata norma per la quale un soggetto giuridico può essere chiamato a rispondere della violazione colposa o dolosa di un obbligo giuridico.
Quando si ha la responsabilità oggettiva? ›La responsabilità è oggettiva quando prescinde dall'elemento soggettivo (dolo o colpa): ad esempio, la responsabilità per l'esercizio di attività pericolose, per il danno cagionato da animali, da rovina di edificio, da cose in custodia.
Quanto è responsabile l incapace che provoca il danno? ›Anche se, in base all'articolo 2046, la persona incapace non risponde del danno che ha arrecato, l'esigenza di tutelare e risarcire il danneggiato sorge ugualmente, e proprio per questo la legge pone l'obbligo di risarcimento a carico di chi aveva l'obbligo di sorveglianza.
Chi rompe paga codice civile? ›Il risarcimento del danno per fatto illecito è previsto nell'ordinamento giuridico italiano dall'articolo 2043 del codice civile: "Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno".
Quali sono i presupposti per cui l'atto compiuto da un incapace naturale può essere annullato? ›
Ai fini dell'annullamento del contratto concluso da un soggetto in stato d'incapacità naturale è sufficiente la malafede dell'altro contraente senza che sia richiesto un grave pregiudizio per il soggetto incapace.
Quando si ha la responsabilità per colpa? ›La responsabilità per colpa è il criterio di imputazione in quelle ipotesi in cui il soggetto pone in essere attività cosiddette biologiche, da ascriversi esclusivamente alla sua persona; si tratta di attività comuni a tutti, necessarie e non economiche.
Qual è la forma più grave di colpa? ›Da un punto di vista penale il dolo è considerata la forma più grave di colpevolezza e di conseguenza viene punita dalla legge con pene più severe. Ma è anche vero che talvolta nel delitto colposo, pur essendo minore la volontà di recare un danno, non è altrettanto minore la pericolosità sociale di chi lo compie.
Quando la colpa è grave? ›La colpa è "grave" quando la violazione dell'obbligo di diligenza è particolarmente grossolana, con un discostamento molto evidente del comportamento dell'agente dalle regole di diligenza, prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare.
Quando scatta la responsabilità civile? ›La responsabilità civile deriva dalla violazione di un contratto o di un'altra norma che regola i rapporti tra soggetti, comportando l'obbligo di risarcire i danni causati all'altro (privato o pubblica amministrazione).
Quando è esclusa la responsabilità civile? ›La responsabilità civile connessa al sinistro stradale è esclusa in caso di morte del danneggiato.
Quando si può chiedere il risarcimento dei danni? ›Chiunque abbia subito un danno a causa dell'azione o dell'omissione di un'altra persona può chiedere il risarcimento del danno. Il risarcimento può essere richiesto per danni fisici, morali, patrimoniali, alla persona o alla reputazione.
Cosa si intende per responsabilità civile professionale? ›La polizza di responsabilità civile professionale tutela il patrimonio personale del professionista, nel caso in cui, a seguito di un errore professionale, un cliente o un altro soggetto terzo, formuli una richiesta di risarcimento per un danno di natura patrimoniale, o per un danno a persone o cose.
Chi è obbligato al risarcimento? ›La legge prevede che chiunque causa ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Il risarcimento dal danno si distingue dall'indennizzo che viene versato nei casi previsti dalla legge quando un comportamento autorizzato dall'ordinamento comporta dei danni per i terzi.
Cosa recita l'articolo 2236 del codice civile in tema di responsabilità del prestatore d'opera? ›Art. 2236. (Responsabilita' del prestatore d'opera). Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolta', il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.
Quali sono gli elementi del fatto illecito secondo l'art 2043 cc? ›
- Il sistema della responsabilità aquiliana fa perno sulla norma cardine dell'art. 2043 c.c. laddove prevede che “ qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno”.
Quando il dipendente esercitando le proprie funzioni causa ad altri danno ingiusto si configura la? ›La responsabilità extracontrattuale – detta anche “aquiliana” – insorge invece quando un soggetto, in violazione del principio del neminem laedere, provoca ad altra persona un danno ingiusto, con conseguente obbligo al risarcimento del danno stesso.
Chi è penalmente e civilmente responsabile è tenuto al risarcimento dei danni? ›Chi è penalmente e civilmente responsabile di un sinistro stradale è soggetto alle pene previste dal Codice penale e al risarcimento dei danni provocati. Se ha violato il codice della strada, deve anche pagare le relative sanzioni.
Chi decide il risarcimento danni? ›Il risarcimento del danno in forma specifica
È compito del giudice stabilire se il risarcimento in forma specifica sia possibile.
Colui che danneggia un altro soggetto, provocandogli un danno contrattuale o extracontrattuale, è tenuto a risarcirlo del pregiudizio arrecato: il risarcimento non è altro che la reintegrazione del patrimonio del danneggiato per riportarlo nella situazione in cui si sarebbe trovato se la lesione non si fosse verificata ...
Cosa prevede l'articolo 2051 cc? ›Art. 2051. (Danno cagionato da cosa in custodia). Ciascuno e' responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Cosa copre la responsabilità civile del fabbricato? ›La polizza RC fabbricati copre solamente i danni derivanti dalla proprietà di un fabbricato (o parte di esso), ma non quelli causati durante la vita privata.
Chi è civilmente obbligato a risarcire danni? ›Chi è civilmente obbligato a risarcire i danni provocati da un sinistro stradale si libera da ogni forma di responsabilità penale pagandone l'ammontare del danno.
Quando si configura la responsabilità amministrativa? ›165. La responsabilità amministrativo-contabile si configura qualora il dipendente pubblico (o soggetti legati alla p.a. da rapporto di servizio) provochi un danno patrimoniale alla propria amministrazione o ad altro ente pubblico. Essa, dunque, non differisce sostanzialmente dalla ordinaria responsabilità civile (art.
Come si configura la responsabilità amministrativa? ›Qualora la lesione sia inferta da un pubblico dipendente attraverso una condotta illecita, dolosa o gravemente colposa, posta in essere in situazioni legate da occasionalità necessaria con i compiti di servizio, si genera una responsabilità amministrativa, nella specie del danno all'immagine.
Chi giudica la responsabilità amministrativa? ›
Il giudizio sulla responsabilità amministrativa è di competenza della Corte dei conti. È una responsabilità perseguita d'ufficio (questo spiega anche la legittimità della limitazione al dolo e colpa grave).
Cosa copre la responsabilità civile verso terzi? ›La Responsabilità Civile verso Terzi copre i danni involontari provocati da se stessi e dai propri cari.
Cos'è la responsabilità presunta? ›2043 C.c.) per cui l'onere di provare la colpa (o il dolo) dell'autore del danno incombe su chi reclama il risarcimento, pone presuntivamente in capo ad un determinato soggetto, concedendogli però la facoltà di fornire la prova contraria onde vincere la presunzione.
Quando viene esclusa la responsabilità civile? ›La responsabilità civile connessa al sinistro stradale è esclusa in caso di morte del danneggiato.
Quali sono i due casi più frequenti di illecito civile? ›Ci può essere, infatti: dolo: se chi commette l'azione agisce con coscienza, sapendo di provocare dei danni, quindi si tratta di una trasgressione volontaria dalle norme giuridiche. colpa: l'evento dannoso non è voluto, ma avviene per negligenza, imprudenza o imperizia, cioè quando non vengono osservate le leggi.
Cosa include responsabilità civile? ›La Responsabilità civile è la polizza obbligatoria per ogni veicolo circolante su strada: copre i danni involontariamente provocati a terzi dal veicolo assicurato, anche quando è parcheggiato.
Quando il danno non è ingiusto? ›Il danno ingiusto è escluso se sussista una causa di giustificazione, come lo stato di necessità (ex art. 2045 c.c.) e la legittima difesa (ex art. 2044 c.c.). Nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, un ruolo essenziale è rappresentato dal nesso di causalità.
Chi è penalmente e civilmente responsabile di un sinistro stradale? ›Chi è penalmente e civilmente responsabile di un sinistro stradale è soggetto alle pene previste dal Codice penale e al risarcimento dei danni provocati. Se ha violato il codice della strada, deve anche pagare le relative sanzioni.
Chi è il responsabile in caso di illeciti? ›➔ Sono responsabili in solido con l'autore dell'illecito: a) il proprietario della cosa che servı` o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento; b) la persona rivestita della autorita` o incaricata della ...
Chi è responsabile in caso di illeciti? ›689, all'art. 3, stabilisce il principio della “personalità della pena” prevedendo che ciascuno è responsabile della propria azione o omissione. Quindi responsabile di una violazione amministrativa è solo la persona fisica a cui è riferibile l'azione materiale o l'omissione che integra la violazione.
Quali tipi di sanzioni ci sono? ›
- in base alla norma violata in: sanzioni civili; sanzioni penali;
- in base al contenuto della sanzione in: sanzioni pecuniarie; sanzioni detentive; sanzioni restrittive.